Le Sfide - Craxi 20 anni dopo
In una pubblicazione della Fondazione Craxi "Craxi 20 anni dopo" vengono raccolti alcuni articoli e testimonianze di vari esponenti della cultura, della politica e del giornalismo italiano sulla figura di Bettino Craxi a vent'anni dalla scomparsa.
Riportiamo di seguito la prefazione della pubblicazione, curata dal Direttore della Fondazione Nicola Carnovale, mentre per la lettura completa vi rimandiamo al link indicato alla fine di questa pagina.
" Sono trascorsi vent’anni dalla scomparsa di Bettino Craxi. E molto, se non tutto, è cambiato. Sono cambiati gli equilibri internazionali e gli attori in campo sono differenti per entità e composizione.
La stessa democrazia liberale è insidiata da forme di governo autoritarie e illiberali, dove l’irrazionalità dei regimi fa il paio con quella dei mercati, mentre una crisi profonda attraversa l’Occidente con le sue “strutture” e “sovrastrutture”.
Gli Stati nazione vedono sacrificata sull’altare della globalizzazione la dimensione del loro essere e la forza del loro agire e gli organismi internazionali sopravvivono con l’inezia del diritto non potendo vivere con la forza della politica. Le stesse istituzioni democratiche sono più distanti dagli schemi teorici e dalle forme tradizionali allora conosciute.Hanno subito profonde trasformazioni poiché rappresentazione di una società che si è trasformata radicalmente nei suoi interessi, nelle passioni, nei linguaggi, negli strumenti e nelle forme comunicative, cambiando così il modo di intendere e partecipare alla vita pubblica e sovvertendo le stesse categorie con cui si è cercato di decodificare il Novecento.
Nonostante tutto ciò, nonostante il rincorrersi di due decenni e due presunte Repubbliche, la figura di Craxi resta centrale in molte delle discussioni dei nostri giorni.
È un passato che non passa, che si intreccia con le contraddizioni del presente stagliandosi come una sorta di pietra miliare che continua ad intervallare e scompaginare i perimetri della politica.
Irregolare per vocazione ancor prima che per scelta, è come se il personaggio Craxi sfuggisse alle regole del tempo e della natura per concedersi l’ennesima irritualità di una storia controcorrente presentando il conto, come in una sorta di beffardo contrappasso dantesco, a un presente immiserito.
Eppure, vent’anni sono un arco temporale che appartiene più alla storia che alla cronaca. Sarebbe un tempo sufficiente per avviare una riflessione serena, scevra da pregiudizi, in grado di restituire la giusta luce e le giuste tonalità di colore all’uomo e al politico, contribuendo al contempo alla rilettura di un’intera stagione della nostra storia.
E, soprattutto, sarebbe un tempo sufficiente per tirare le somme, fare un bilancio del “nuovo” mondo che si è costruito sulle macerie di quella democrazia rappresentativa e di quel primato della politica di cui il leader socialista fu fino all’ultimo, con coerenza e senza successo, strenuo difensore.
Sarebbe, ma così non è. È quindi utile indagare le ragioni profonde che impediscono una lettura prettamente storiografica dell’esule di Hammamet e sul perché, volenti o nolenti, i suoi anniversari finiscano per andare oltre la mera rievocazione.
Non sarebbe né un esercizio vano né retorico, a prescindere dai giudizi. Analizzando questa singolare eccezione scopriamo, ad esempio, che nella storia repubblicana mai nessun personaggio è stato per così lungo tempo presente nel dibattito politico e ritroviamo le ragioni di molti dei nostri affanni che testimoniano, anche se a taluni potrà non piacere, un racconto assai diverso della parabola nazionale.
Proprio partendo da una riflessione a tutto tondo sul suo cammino pubblico, che si sovrappone ai destini dello scontro bipolare della Guerra Fredda, e quello personale, epilogo ingiusto e drammatico che mette a nudo i sepolcri imbiancati dell’ipocrisia nazionale, otteniamo una chiave interpretativa non convenzionale utile per leggere i limiti degli arrancanti paradigmi con i quali si è costruito il nuovo (dis)ordine globale e per rintracciare fin dalle origini i motivi per cui l’Italia continui a presentare elementi di cronica conflittualità e preoccupante subalternità.
C’è con tutta evidenza materia a sufficienza per farsi sedurre dalla ricerca di una ragione, ammesso ne possa esistere una soltanto.
Spiegare perché Craxi sia ancora parte del nostro tempo conduce difatti a trovarne molte e a scoprire che tutte concorrono a dare una spiegazione non superficiale e lontana da letture scontate e retoriche, aprioristicamente apologetiche o denigratorie.
Di certo le ragioni dell’insinuarsi di un Craxi convitato di pietra non possono però essere quelle strumentali e di comodo che alcuni maître à penser dell’intellighenzia ci hanno sciorinato in prossimità di questo ventesimo anniversario.
Taluni hanno derubricato la riscoperta del personaggio, dopo una costruita stagione di ostracismo nazionalpopolare, alla semplice nostalgia del passato che da sempre accompagna ogni presente. Altri, alle sole miserie del nostro tempo o, semplicemente, al sopirsi delle pulsioni che ne hanno accompagnato, fino all’ultimo respiro, l’esistenza.
C’è del vero anche in tutto ciò. Ma vi è dell’altro che fa di Craxi, oggi più di ieri, una questione aperta. Anzi, una “questione nazionale”.
Non è solo una pagina di storia strappata con inaudita violenza, una ferita che stenta a rimarginarsi. Né tantomeno è un nodo irrisolto che riguarda una parte politica, per la quale, dopo quattro lustri, rimane spiegabilmente un tabù. Craxi è questione viva per la forza delle sue idee e perché vivo è il suo lascito politico.
Pur innanzi ai tanti mutamenti descritti, le sue intuizioni rappresentano una dote considerevole che si connota per lungimiranza e visione strategica. Non era un veggente. Era semplicemente quello che definiremmo un politico di razza, un patriota con forte senso dello Stato, libero da schemi e da condizionamenti che non fossero quelli della libertà e della democrazia, dell’interesse del suo Paese e del suo popolo collocati all’interno di una cornice di solidarietà e di protagonismo internazionale.
La sua storia è e resta la storia di uno “sconfitto”, sebbene quella sconfitta non avvenne sul piano delle idee e della politica. Ma quanto il suo soccombere (e in quel modo!) abbia pesato e pesi sulle sorti del Paese e delle future generazioni, è il tempo che ce ne dà la misura.
Queste riflessioni fanno da cornice alle tante e diverse iniziative promosse dall’Istituto in questo ventesimo anniversario.
In questo spirito era doveroso che la Fondazione dedicasse anche uno speciale della sua rivista per approfondire e ampliare i contorni di un dibattito, in verità mai sopito, riapertosi con forza nella ricorrenza della sua scomparsa, proponendo una lettura attuale e retrospettiva sugli accadimenti intercorsi nei primi decenni del secolo.
È un dovere morale al quale abbiamo inteso adempiere, come nostro costume, in modo originale e il meno partigiano possibile, rifiutando l’idea che Craxi, la sua memoria e la sua eredità, appartengano alla sola area di provenienza, o peggio, a quei coté di ottimati e ben pensati da cui intese sempre rifuggire.
Lo abbiamo fatto chiedendo a personalità di estrazione e formazione diversa, provenienti dalle più differenti esperienze culturali e opinioni, di raccontare e di riflettere sulla sua figura e la sua esperienza
Grazie ai contributi originali di un qualificato gruppo di personalità, cui non fa difetto onestà intellettuale e libertà di pensiero, firme eccellenti di alcuni dei principali quotidiani nazionali, si è dato vita ad un pamphlet di sicuro interesse e dal contenuto non scontato.
Rivivere e rileggere Craxi attraverso le loro riflessioni e testimonianze ci restituisce, nella diversità di opinioni e giudizi, una visione magari non esaustiva ma certamente autentica, in cui ciascun autore, non senza accenti critici, coglie le peculiarità di una personalità che, al di là di come la si pensi, presenta aspetti di indubbia e straordinaria eccezionalità.
È forse questo l’elemento che più di ogni altro accomuna i diversi lavori che regalano al lettore la dimensione di un uomo di cui, con il passare dei decenni, non solo non sbiadisce il ricordo ma si rafforza la memoria.
Nicola Carnovale
Direttore generale Fondazione Craxi