Dimezzamento
del numero dei parlamentari; indennità commisurata
all’effettiva partecipazione ai lavori;
trasformazione in senso federale del Senato;
abbassamento dell’età per l’elettorato passivo; ripartizione
delle competenze tra le camere e fine del
bicameralismo perfetto
Queste alcune delle novità che facevano
oggetto, a firma Calderoli,
del disegno di legge di riforma
costituzionale dello Stato che il precedente governo
Berlusconi intendeva varare.
Questo faticoso processo di revisione della
Costituzione ha comunque dovuto passare
attraverso un lungo tempo di incubazione,
difficoltà e ripensamenti di vario genere,
molto si è scritto e molti sono stati gli
interventi a vario titolo da parte di
politici e di insigni docenti universitari.
Certamente l'ipotesi di riforma
presentata dal precedente governo e fortemente voluta
dal Ministro Calderoli era in perfetta sintonia con
quanto era nei proponimenti della Lega, unico fine e
vero motivo per cui il movimento leghista appoggiava
incondizionatamente ogni iniziativa di Berlusconi nelle
aule parlamentari, anche le più nefaste ed impopolari.
Al di là di
alcuni punti assolutamente condivisibili e auspicabili,
come il dimezzamento del numero dei parlamentari e la
riduzione delle indennità, la proposta di assoluta
priorità ed importanza è ovviamente la trasformazione
del Senato come seconda camera in senso federale.
Questa ipotesi comporterebbe la
necessità, pena il fallimento completo della riforma ed
uno spreco di risorse economiche enormi, di una migliore
e più ottimale ripartizione delle competenze legislative
fra Stato e Regioni in materie molto delicate come le
modalità di conseguimento delle risorse economiche e finanziarie,
l'energia e le infrastrutture.
Inoltre la
trasformazione in senso federale del Senato
potrebbe, se ben elaborato, costituire il
fulcro di un raccordo fra le istanze
centrali e periferiche, un elemento di
depotenziamento delle spinte localistiche e
di talune tendenze disgregatrici emerse di
recente, tali da mettere in crisi la tutela
dei diritti civili e sociali e il rispetto
dei principi costituzionali di eguaglianza e
solidarietà.
E' da
intendersi dunque opportuna l'ipotesi e la prospettiva
di una effettiva e completa
realizzazione dello Stato federale e
la trasformazione
del Senato in Camera delle autonomie territoriali?
La difficile risposta deve
per prima cosa trovare riscontro nella
constatazione che ciò
che
contribuisce a qualificare lo Stato federale non è
soltanto la ripartizione delle competenze, ma anche e
soprattutto la partecipazione in prima
persona delle stesse
Regioni sia al procedimento di revisione
costituzionale che alla determinazione dell'indirizzo
politico nazionale attraverso la seconda Camera.
In tal
modo rimangono soddisfatte le domande di
raccordo e collaborazione tra Stato e
autonomie territoriali attraverso l'operato
indispensabile del Senato federale.
Rimangono
comunque molti versioni e modi di vedere
differenti e si è ancora lontani da una
sintesi che possa rappresentare il termine
di un percorso condiviso con le forze
politiche.
In questa pagina,
nell'intento di dare alcune opportunità di
spunto e di valutazione, si possono
visionare alcuni documenti relativi allo
scottante tema fin qui trattato, tra cui
l'intervento del compagno Giovanni Crema in
occasione del convegno organizzato da
Legautonomie sul "Senato delle autonomie"
che si è tenuto alla Camera dei Deputati il
2 febbraio '12
>>>>>> Intervento al
convegno
>>>>>> Programma del
convegno
Ed inoltre si può
consultare
>>>>>> Dossier Senato -
Parlamento e Governo nei D.L. costituzionali
(ottobre 2011) presentati in Senato
>>>>>> D.L. S. 2941 -
"Disposizioni concernenti la riduzione del
numero dei parlamentari, l'istituzione del
Senato Federale della repubblica e la forma
di Governo
Due figure
istituzionali a confronto: il Presidente
Napolitano, che nella fase attuale si erge
come garante della fase costituente e
Calderoli, che nel precedente Governo ha
presentato la proposta di modifica della
Carta Costituzionale voluta dalla destra