Presentazione del libro "Ricordati di vivere" di Claudio Martelli |
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ALLA SOCIETA' LETTERARIA L'INCONTRO CON CLAUDIO MARTELLI PER LA PRESENTAZIONE DEL SUO LIBRO Alla Società Letteraria lunedì scorso Claudio Martelli è intervenuto all’incontro organizzato dalle Associazioni Verona del Popolo, La Bocca della Verità, l'AICS e il Circolo Sandro Pertini per la presentazione del suo ultimo libro “Ricordati d vivere”; è stata una serata interessante dove, per forza di cose, la discussione non ha toccato temi solo di carattere letterario ma anche politico. Il dibattito coordinato dal Prof. Ernesto Guidorizzi, Vice Presidente della Letteraria e a cui va il nostro ringraziamento per l'opportunità che ci ha saputo dare e per la perfetta organizzazione dell’evento, ha visto la partecipazione dei giornalisti Lillo Aldegheri ed Enrico Giardini. Volutamente in questo contesto tralasciamo la parte del dibattito che ha riguardato la sfera personale e autobiografica di Martelli limitandoci ai soli aspetti politici e storici. L’appuntamento con Martelli nella nostra città, per l’illustrazione del libro, fa parte di un tour per l’Italia che, come dice l’autore, “mi impegna forse di più di quando facevo politica attiva e anche di quando coprivo ruoli istituzionali” e racconta la storia del socialismo come lui l’ha vissuta in un arco temporale ben preciso e che va dal ’68 al ’93 con il crollo della cosiddetta prima repubblica “A tutti racconto una storia recente, vicina” prosegue “ la nostra giovinezza politica, l’epopea laica e socialista che per 10 anni tenne in scacco le due chiese italiane, la DC e il PCI “. E’ la storia esaltante di un partito che dal periodo che segue la segreteria di De Martino, pur con solo il 9% dei voti, è riuscito a dare all’Italia i diritti civili che mancavano, rimanendo però con i connotati di un socialismo laico e un profilo liberale in materia di politica internazionale ed economica. E solo attraverso un socialismo laico e liberale che in quel periodo poteva acquistare significato il progetto di equidistanza dalle “due chiese”, quella democristiana e quella comunista ,e rendere possibile scelte di politica internazionale saldamente ancorate al campo occidentale. Merito del PSI di quegli anni è stato da un lato arginare a sinistra il PCI “l’errore storico di Nenni è aver fatto fronte comune con il PCI per creare il Fronte Popolare” e a destra tenere alla giusta distanza la DC per “non scivolare a una posizione subalterna democristiana”. La scelta nel campo occidentale si manifesta negli anni ’70, con Craxi segretario, quando si trattò di riequilibrare con il voto determinante dei socialisti l’armamento nucleare presente in Europa tra le forze americane, che schieravano i missili Pershing e Cruise, e quelle sovietiche con i missili SS20. Il PSI di allora ebbe il merito, con una politica autonoma, di porre fine quella che Craxi definiva “ doppia subalternità ”, non dovendo rispondere né alla DC né al PCI, ma portando avanti una politica capace di sfidare entrambi. Un PSI che aveva anche nella difesa dei diritti individuali dei cittadini un altro punto fermo, per esempio in tema di giustizia, per non “ incappare nel tritacarne della giustizia”, come insegna il caso Tortora, promuovendo in tal senso il referendum sulla responsabilità giuridica dei giudici, vinto con quasi l’80% dei SI ma abortito successivamente dal parlamento. Rimanendo in tema di giustizia Martelli ribadisce che “ la repressione legale dell’illegalità ” e non “ il controllo della legalità” è il compito della magistratura, perché “se i magistrati si arrogano il diritto di controllare preventivamente la legalità di tutti” si cade automaticamente in uno stato di polizia, scambiando il ruolo dei magistrati in un ruolo di poliziotti. Il culmine dell’esperienza socialista di allora fu la nascita dell’esecutivo Craxi, a cui Martelli riconosce il merito di aver portato l’economia del nostro Paese a risultati sorprendenti e attualmente impensabili, con l’aumento del PIL annuo del 3-4%, una inflazione che scende dal 16 al 4%, pur a fronte di un aumento del debito pubblico che dal 70 arriva all’88%. Questi risultati si ottennero pur attuando scelte certamente impopolari, come lo fu il blocco della scala mobile, allora indicizzata all’inflazione, sfidando in tal modo il PCI e i sindacati sul terreno culturale. Non c’è stato però solo l’esperienza dell’esecutivo Craxi nella storia socialista, ma anche un tentativo di rinnovare l’idea di un socialismo che doveva uscire definitivamente da una visione pietrificata della lotta di classe in perenne conflitto con le altre classi sociali. Non la lotta di classe quindi, ma cooperazione tra le classi e l’individuazione all’interno delle stesse, al di là delle rappresentazioni partitiche, delle reali necessità e bisogni “ di chi ha diritto e merita l’aiuto pubblico e, nello stesso tempo, individuare chi è in grado di far progredire il Paese con le proprie conoscenze e capacità, chi è capace di essere un aiuto non solo a se stesso ma anche agli altri”; questa era la nuova idea di socialismo che si stava affermando,un socialismo liberale e moderno. Ma a distanza di tanti anni, si chiede Martelli, come mai quell’idea di socialismo è ancora attuale? La risposta è fin troppo facile, “ perché l’Italia si è fermata in quanto è venuta meno la spinta alla nostra società impressa da un partito socialista che era contemporaneamente sensibile alle istanze provenienti dal mondo del lavoro e sensibile alle esigenze di uno sviluppo economico e industriale”. Si è fermata perché “ la grande stagione di modernizzazione non ha più trovato consenso, né da parte degli alleati di governo né dall’opposizione, per quelle riforme istituzionali che si ritenevano fondamentali, come per esempio l’elezione diretta del Capo dello Stato o del Presidente del Consiglio e la riforma elettorale “ certamente molto diversa da quella proposta in questi giorni, a cui Martelli non risparmia certo critiche soprattutto per quanto riguarda il tema delle liste bloccate e il premio di maggioranza. E se il libro parla di temi di 30 anni fa, ma ancora attualissimi, questo significa che sicuramente non sbaglia Martelli quando afferma che l’Italia si è fermata e non si è più mossa dopo quella stagione riformatrice, socialista e liberale. Martelli indica nel suo intervento quale secondo la sua opinione sia una delle cause scatenanti il declino attuale, individuando nel passaggio lira euro con parametri che non rappresentavano efficacemente il nostro potere economico l’inizio della nostra crisi economica; in effetti se, come si diceva allora, un euro doveva valere circa un marco e quindi grossomodo 1230 lire, come mai è stato invece pagato 1936 lire? E’ stata l’incapacità politica degli uomini che hanno governato questo importante passaggio che ha creato i presupposti per questo disastro; d’altronde dice “ la politica non è un mestiere come gli altri, non la si impara nelle aule universitarie o ai seminari internazionali ma solo dopo “una gavetta seria” e un lungo percorso di formazione professionale e politica. Ma tutto questo si è perduto e anche nell’attuale formazione governativa e nel parlamento si intravede improvvisazione, desiderio di carriera e di scalate sociali, impreparazione e ignoranza politica. L’uomo politico, quello serio, ha invece alle sue spalle decenni di carriera ed esperienza maturata in incarichi di partito o di amministratore locale, ma queste caratteristiche non sono riscontrabili nei giovani parlamentari di ora, prosegue ancora Martelli. Nel libro, come suggerisce il titolo, non viene trattata esclusivamente un pezzo di storia politica del nostro Paese, ma viene anche racconta parte della vita privata di Martelli, dei suoi sentimenti e delle sue aspirazioni. “La politica ci ha assorbito in modo totalitario” dice infatti “ma abbiamo avuto il tempo per amare, per soffrire, per fare matrimoni e figli, per godere di amicizie e coltivare altri interessi” a conferma che l’autore è riuscito a separare la sfera privata da quella pubblica, però senza mai arrivare al punto di vivere esclusivamente di ricordi anche se “sono contento di vivere di ricordi, mi piace il mio passato, lo vorrei vivere ancora, fin che lo posso fare” prosegue. Un ricordo particolare, in questa seconda parte del suo intervento, è riservata al giudice Falcone “il più grande amico dopo Craxi della mia vita” e “di tutte le esperienze della mia vita, forse questa per alcuni aspetti è la più importante, perché mi ha messo in confronto con la morte”, morte con cui Falcone sapeva di dover convivere e ragione per cui non ha mai voluto avere figli. “ Era un uomo amabile, amichevole, amava l’amicizia e la convivialità e amava enormemente il suo lavoro, era un lavoratore straordinario, infaticabile ed era diventato il magistrato più famoso al mondo, rispettato e ammirato ovunque” e, proseguendo poi con un pensiero molto forte, “ ma non in Italia, dove non aveva solo l’odio della mafia, ma anche l’invidia e l’avversità di molti dei suoi colleghi. Ha ragione Borsellino quando disse che Falcone cominciò a morire quando la magistratura cominciò ad odiarlo, la magistratura che forse ha responsabilità quanto la mafia nella sua morte ”. Molto interessante è stata l’ultima risposta al giornalista Lillo Aldegheri, che lo invitava a esprimere il suo pensiero circa le eventuali responsabilità del liderismo craxiano nell’evolversi della politica del nostra Paese in questi ultimi decenni, in cui l’elettorato è succube e contemporaneamente vittima di due estremismi, il berlusconismo e il grillismo. Nella risposta Martelli fa riferimento al carisma di Craxi, inteso come statura politica, capacità organizzativa e autorevolezza, qualità essenziali per poter portare avanti sfide importanti e irte di difficoltà; cita, portandolo ad esempio, il tentativo solitario e contro tutti del segretario socialista nel tentativo di liberare Moro dalla prigionia delle Brigate Rosse . Ma poi il nostro Paese si ferma soprattutto per mancanze di risposte date dalla politica e mancanza di veri leader; riforme essenziali non portate a termine, in primo luogo la riforme istituzionali, della giustizia civile e della scuola, ed errori in campo economico hanno portato lentamente il Paese verso il declino attuale.E in quel periodo, siamo a cavallo degli anni 70 e 80, l’energia e la spinta di Craxi portò l’Italia verso uno sviluppo economico e civile non più raggiunto negli anni successivi. Quindi il declino attuale è responsabilità di chi ci ha governato in questi ultimi venti anni, dalla destra berlusconiana alla Lega, per finire ad una parte della sinistra, individuando però anche all’attuale “sfascismo” di Grillo una corresponsabilità. E’ stato utile, importante e certamente entusiasmante sentire da chi, portando avanti gli ideali in cui noi crediamo, ideali di progresso e di libertà, ha contribuito alla nascita in quegli anni di un paese moderno, economicamente avanzato e dotato di moderne leggi civili.
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