Lettera di Nencini ai socialisti |
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IN UNA NOTA INVIATA AI RESPONSABILI NAZIONALI E LOCALI DEL PARTITO E A TUTTI I COMPAGNI IL SEGRETARIO NENCINI FA ALCUNE RIFLESSIONI SUL MOMENTO DELICATO CHE STA ATTRAVERSANDO IL NOSTRO PAESE E SU ALCUNE PROBLEMATICHE ATTUALI DEL PSI Pubblichiamo una lettera del Segretario Nencini indirizzata in primo luogo ai dirigenti nazionali e locali ma, in seconda battuta, anche a tutti i compagni socialisti sul delicato momento della politica nel nostro Paese e su alcune problematiche che il PSI sta attualmente attraversando e che impongono riflessioni sui compiti e sul ruolo del partito.
" Carissime compagne,
cari compagni,
Che rimanga, come traccia per un disegno e come
risposta a fantomatiche ricostruzioni di un passato
recente, tanto più gravi quando provengono da chi
condivise le decisioni sedendo nella segreteria
nazionale. Avrei molti esempi da portare. Ne basti
uno: come arrivammo alle elezioni politiche del 2013
- con voto unanime meno Bartolomei - e la
rappresentazione che in seguito taluni hanno dato.
Fasulla! Salvo che Bartolomei sia uno e trino.
Ma il punto non è il passato. Il nodo e' il
futuro. Ed e' del futuro che bisogna discutere. Per
non disarmare. Siamo di fronte a quattro novità. E ora parlo di noi. Non prima però' di evidenziare un fattore che di tanto in tanto si riaffaccia: l'antico conflitto - uso termini tradizionali - massimalisti/riformisti. Non si è mai spento. Nemmeno negli anni di massimo splendore, tra il 1983 e il 1987. Fummo i primi, allora, a parlare di voucher per scegliere tra scuola pubblica e scuola privata. Fummo i primi, allora, a parlare di riforma della democrazia parlamentare, considerata inadeguata ad affrontare le emergenze di fine secolo (Nenni, Severo Giannini e Calamandrei, in verita', proposero un senato con funzioni diverse dalla Camera già durante i lavori della Costituente).
Fummo i primi, allora, a pretendere modifiche
incisive per il mondo del lavoro e ad aprire una
finestra sul terziario e sul 'piccolo e' bello'.
Fummo i primi, allora, a rimettere nel gioco
parlamentare la destra almirantiana. Fummo i primi,
allora, a porre la questione di una riforma decisa
degli enti locali. Fummo i primi, allora, a
concepire un'idea di Europa libera e sovrana -
ricordate la polemica sui missili e la prosopopea
dei 'Comuni denuclearizzati' imposta dal Pci?
Ci siamo vantati a lungo per aver assunto quelle
posizioni poi rivelatesi giuste. Ma allora non fu
ovunque così. Nella casa socialista fioccarono le
polemiche e i 'distinguo' a tal punto da mettere a
rischio il voto sul referendum sulla scala mobile.
Mondoperaio ha pubblicato un interessante studio su
quel voto: il 15% dei comunisti non sposò le
posizioni di Berlinguer; il 48% (quarantotto!) degli
elettori socialisti tradì le indicazioni di Craxi.
Per non parlare della raccolta delle firme sul
doppio referendum nucleare - giustizia giusta.
Furono soprattutto i radicali a fare il lavoro
sporco. Lo si evince dai tabulati.
L'onorevole Di Lello si appresta a entrare, solitario, nel Pd. In segreteria, pochi giorni fa, aveva parlato di una 'riflessione' necessaria sul nostro futuro. Benissimo. Poi un'accelerazione violenta. E la riflessione e' diventata scelta individuale in un nanosecondo. Una riunione con pochissimi invitati, una dichiarazione a un quotidiano, l'affermazione che la spinta viene dal basso - allora perché non portarla al congresso? - e che a settembre, comunque vadano le cose, aderira' al Pd.
Di questo percorso non sono mai stato informato,
ne' io ne' la segreteria. Poco male? Poco male un
corno. Io credo ancora alle relazioni umane e ai
rapporti politici. Credo al confronto. E c'è
addirittura qualcuno che mi attribuisce la colpa del
suo gesto come se io fossi il badante e ne avessi
concusso il libero arbitrio. Ma per piacere. Terzo. Via l'ipocrisia. I più duri verso di noi sono quei dirigenti che nel cuore della crisi degli anni '90 o se ne andarono o nascosero le loro responsabilità dopo aver lasciato in eredita' un partito distrutto. Ti guardano con sufficienza e non hanno fatto nemmeno un esame di coscienza. Craxiani acritici e d'un colpo anticraxiani. Folgorati! Sono in buona compagnia. Dirigenti storici fino a ieri mattina, e con incarichi di rilievo - da Labellarte, candidato alle politiche in Basilicata, a Ciucchi, consigliere regionale toscano eletto infine nelle liste del Pd e segretario regionale dal 2001 al 2014, da Sollazzo, sostenitore in toto di una lista elettorale unica con il Pd di Bersani, a Biscardini, già eletto con il Pd a Milano - si ostinano a narrare da marziani fatti di cui sono stati protagonisti.
Leggo e non li riconosco. Nessuno li riconosce.
C'erano tutti, eccome se c'erano. Ciucchi, in verita',
piu' distante, e cosi' Biscardini, che in quei
giorni si curava da una brutta malattia. Basta
rileggersi i verbali delle riunioni e le
dichiarazioni rese fino al gennaio 2013. Perché il
Psi non ha mai avuto un uomo solo al comando.
Abbiamo bisogno della loro intelligenza e della
loro esperienza. E se ci saranno posizioni diverse,
sarà il congresso a valutarle. Infine il segno più. Nelle regioni, dall'Abruzzo alla Sicilia, dalle Marche alla Campania, crescono le adesioni al partito, dentro e fuori le istituzioni. Sono recenti la riapertura della federazione di Pescara, amministratori che aderiscono in Campania, l'elezione di un presidente socialista alla provincia di Imperia e la formazione di un gruppo di cinque eletti presso l'Assemblea Regionale siciliana.
Bene ma non basta. La priorita' e' uscire
dai fatti contingenti.
Dal 2008 ad oggi abbiamo tenuto in vita il
partito, unica forza politica della prima repubblica
a resistere in uno scenario profondamente cambiato.
Scomparsi tutti gli altri, anche quella Scelta
Civica con un bagaglio elettorale del 10%.
Va detto che oggi operiamo in una cornice
diversa anche rispetto all'eta' boselliana. Dal
bipolarismo sostenuto da una pluralita' di partiti
al tripolarismo elettorale che si regge grazie al
trasformismo parlamentare; dalla politica finanziata
con denaro pubblico alla cancellazione di ogni
contributo statale; dalla presenza in parlamento di
forze molto piccole a sbarramenti elettorali diffusi
ovunque; dalla proliferazione dei partiti alla
moltiplicazione dei gruppetti parlamentari. Un altro
mondo. Eppure siamo in piedi. Nonostante tutto.
Nonostante le ruggini post elettorali,
nonostante una campagna, tutta interna, ispirata al
più nero disfattismo, come se il confronto andasse
fatto tra noi e il PSI pre tangentopoli, nonostante
la caduta di Italia Bene Comune cui avevamo affidato
il nostro destino, nonostante lo spirito polemico
che pervade l'essere socialista, decisamente meno
solidale di chi è stato democristiano, nonostante
alcuni errori di cui anch'io porto la responsabilità. Ma rimestare in questa scodella e' un errore. Urge una riflessione piu' larga, serena, perche' la posta in gioco e' alta. E' questa la ragione che ha spinto la segreteria a presentare un programma di medio periodo: festa Avanti a Roma in settembre; conferenza programmatica in autunno; preparazione delle elezioni nei tanti comuni capoluogo al voto nel 2016; congresso nazionale.
Chi porta responsabilità deve decidere assieme alla
sua comunità. Non contro di essa.
Boselli ha sempre adottato lo stesso schema di
gioco: tesseramento al partito ridotto
all'essenziale, alleanze elettorali ad ogni scadenza
(meno che nel 2008) e fedeltà' all'Ulivo, simbolo
del partito presentato in alcune, ma solo alcune,
regioni ( erano inesistenti gli sbarramenti
elettorali), ne' rilancio dell'Avanti ne' festa
nazionale di partito. Nelle grandi città del nord
non eleggemmo mai nostri consiglieri. Meglio al
centro e al sud, soprattutto sotto altri simboli. Lo scenario cambia nel 2008. Profondamente. E intanto, e per cinque anni, non siamo in Parlamento, il partito ereditato al congresso di Montecatini sta morendo ( scendemmo in pochi mesi da 72.000 a poco piu' di 10.000 iscritti, con il bilancio in ordine ma con la cassa vuota), la Costituente Socialista e' stata irrisa dagli elettori. Dal 2013, ulteriore giro di vite. La sconfitta elettorale di Italia Bene Comune fa andare in pezzi la coalizione, spinge Sel più a sinistra e fuori dai confini del Pse, logora e divide il Pd, ci priva di una strategia convincente che avevamo contribuito a costruire.
Ultimo atto. La vittoria di Renzi e l'adesione del
Pd al Pse in un'Italia corsa dal populismo e ferita
da un diffuso impoverimento. Dunque. Chi pensa di affrontare i prossimi passi senza tenere conto dell'evoluzione politica italiana fa semplicemente fantapolitica. C'e' solo un modo. Per dare un futuro alla comunità socialista ognuno faccia la sua parte. Il comportamento di tante compagne e di numerosi compagni in sezioni sperdute o in un Consiglio Comunale oppure gli Intini, gli Acquaviva, i Covatta, i Del Bue, grazie ai quali Fondazione, Rivista e Quotidiano on line vivono e si fanno rispettare. Insomma, sporcarsi le mani.
Per farlo, intanto bisogna abbandonare la nostalgia
e rinnovarsi. A partire dalle idee. Nenni docet.
Ho parlato a lungo con i parlamentari, con i segretari e con i consiglieri regionali, con i nostri sindaci. Condividono questo percorso. Non si tratta solo di salvare una storia ma di consentire a quella storia di scrivere pagine di futuro di questa Italia.
La prima cosa da fare e' accantonare le polemiche.
La seconda: qualificarsi per singole battaglie di
civiltà' sposando il partito a iniziative di
associazioni, movimenti civici, gruppi di interesse.
E cominciare da una critica feroce a questa Europa,
inetta ed autoreferenziale, destinata ad un ruolo
marginale se non si trasforma fino a federarsi; e
per finire rileggendo il tema 'migranti' per
ancorarlo a un multiculturalismo attivo che
valorizzi i valori di libertà conquistati. I nostri!
Perché si vive meglio dove c'è parità di diritti tra
uomo e donna e dove religione e stato sono entità
separate. La terza. Siamo un partito che sostiene il governo ma che non sta acriticamente al governo. Non c'è un solo provvedimento, alla Camera e al Senato, che non abbia conosciuto emendamenti socialisti. Gli ultimi ieri, sulla riforma della Rai. Non godiamo di molta stampa per farli conoscere ma almeno leggete l'Avanti. A proposito. Alcune battaglie le abbiamo vinte, altre le abbiamo perse. I risultati. Divorzio breve, una giustizia più giusta, nuovo codice appalti, modifiche importanti apportate alla riforma scolastica e alla legge elettorale, una tassazione piu' alta del gioco d'azzardo, un nuovo piano casa da destinare ai soggetti deboli. Sconfitti sulla proposta di Assemblea Costituente. In partita sulla tassazione per le scuole paritarie (vecchia Ici). In autunno partiranno le campagne sui diritti civili e sulla 'quattordicesima' per le pensioni medio-basse.
Riassumo. Nessun partito sarà
elettoralmente autosufficiente; c'è bisogno di
ridisegnare i confini della sinistra riformista; va
incalzato il Pse; va colta la sfida del governo. Lavorare su poche significative questioni cui legare la nuova identita' del socialismo italiano.
Predisporre liste elettorali nei comuni che
vanno al voto nel 2016 rappresentative di una
coalizione sociale alternativa a quella di Landini -
penso a liste riformiste in grado di competere e di
eleggere per rafforzare la nostra presenza nelle
istituzioni e offrire un'alternativa credibile ai
cittadini. Liste figlie di un progetto politico che
abbia respiro, che coinvolga i sindacati piu'
attenti all'evoluzione sociale italiana, che prenda
corpo fino dal prossimo autunno.
Mantenere viva la nostra organizzazione.
Autonomi ma non isolati. Il peana al 'come eravamo'
e' il sigillo sulla marginalita'.
Preparare il congresso fino dalla
conferenza programmatica. Un congresso aperto,
unitario, che investa in una nuova generazione
socialista senza disperdere le esperienze di questi
anni.
In ultimo, Renzi. E' all'orizzonte strategico che lo inviteremo a guardare. Le grandi riforme necessitano di un'idea d'Italia e di una missione condivisa da larghe fasce sociali. La cornice, insomma, che Fanfani e Nenni diedero al primo centrosinistra. Non ci stancheremo di dirlo. Non dobbiamo sommare i nostri voti alla minoranza interna del Pd ma incalzare il governo perché il piano delle riforme sia il più incisivo possibile. I detrattori di casa nostra sostengono che non c'e' da fidarsi. Vi fidate di più dei nipotini di Palmiro?
Con un abbraccio per un'estate felice.
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