Nella
seduta del Senato del 14 dicembre, poco
prima che il premier Monti riferisse sui
risultati del vertice Ue dell'8 e 9
dicembre, sono scoppiati
tafferugli da parte della Lega che hanno
impedito la prosecuzione dei lavori.
Questa
strategia messa in opera dalla Lega ha
origini precise, che meritano un nostro
approfondimento.
Infatti nella
storia di questi ultimi 17 anni c'è un filo
rosso continuo. La promessa di un paese
nuovo, di un nuovo miracolo italiano, di una
stagione delle riforme. Ma è una promessa
che non è arrivata, anche se il precedente
Presidente del Consiglio ha avuto la più
grande maggioranza parlamentare che la
nostra storia repubblicana abbia mai visto.
Si sono viste solo leggi
ad personam, leggi in soccorso alle sue
aziende, processi per scandali, e questo ha
creato a lungo andare ad un fossato
insormontabile tra la politica e il
paese vero.
La
maggioranza si è sgretolata, le riforme
strutturali del paese non sono arrivate, la
crisi economica attanaglia il paese in
maniera gravissima; c’è paura tra la nostra
gente, paura di un effetto Grecia
sull’Italia, le borse che crollano, lo
spread che sale pericolosamente a livelli
impensabili e mette a rischio il debito
pubblico italiano.
Il Quirinale mette mano alla
situazione, dopo le tardive dimissioni di Berlusconi, e
mette in gioco una personalità neutra ma importante,
Mario Monti, nella speranza che la sua esperienza
economica a livello internazionale possa frenare la
speculazione finanziaria
che in atto contro il nostro paese.
Il
nuovo esecutivo ha l’appoggio, anche se con
vari distinguo, da parte di tutti i partiti,
escluso la Lega che si è sempre dichiarata
contraria ad un governo tecnico,preferendo
le elezioni anticipate.
Il Cavaliere non è favorevole a questa
ipotesi in quanto è convinto che il voto
porterebbe indubbiamente ad una sconfitta
pesante e, come conseguenza, una possibile
dissoluzione dell’attuale centrodestra.
Ma il Senatur da subito
dopo le dimissioni del premier dice di no,
la Lega non vuole “pastrocchi o governicchi
e stare all’opposizione è bello”.
Ora viene da chiederci il
perché di un percorso politico opposto a
quello intrapreso da Berlusconi, dopo anni
in cui la Lega in parlamento, ma anche nel
paese, nelle amministrazioni comunali e
provinciali, come nelle regioni, ha sempre
sostenuto senza se e senza ma e senza alcuna
remora ogni iniziativa del partito dell’ex
premier.
La ragione, facile da
scoprire, sta nel fatto che la base leghista,
il nocciolo duro degli elettori di Bossi,
non hanno assolutamente compreso il
perché,per esempio, in parlamento i suoi
rappresentanti hanno votato contro la
richiesta di carcere per l’On. Francesco
Romano, personaggio del profondo sud, che ha
cambiato una mezza dozzina di schieramenti
politici per salvare la sua poltrona in
parlamento e indagato per delitti mafiosi da
diverse Procure.
Tutti fattori quindi che
incidono in maniera profondamente negativa
per un elettore leghista.
Ma non sono passati
inosservati neanche i salvataggi di Caliendo,
di Cosentino e di Milanese, come pure che il
ministero ottenuto da Romano in precedenza
era nelle mani di un leghista: Luca Zaia.
Quindi stanno infuriando
le polemiche nel popolo leghista e ce ne saranno inevitabilmente ancora nelle
prossime settimane, dopo il
salvataggio dal carcere di
simili personaggi,
con la base convinta che il vertice della
Lega abbia tradito lo spirito originario del
carroccio, specie sulla questione morale in
cui aveva costruito la propria immagine.
La contraddizione di
fondo della Lega Nord sta quindi nell’avere
un leader appiattito sulle posizioni di
Berlusconi e
non più in grado, come nel passato, a guidare
questo movimento.
E’ inevitabilmente in
corso una lotta alla successione, con la
cordata di Calderoli da sempre bossiano di
ferro, e l’altra corrente, quella maroniana,
di cui un esponente di spicco è il nostro
sindaco Tosi, legata si
al territorio, ma
sempre
razzista e secessionista, ma
non più
disposta ad accettare supinamente il
rapporto strettissimo esistente tra Bossi e
Berlusconi.
E’ probabile che al
momento nessuno dei due risulterà vincitore,
ma queste vicissitudini interne non
permettono alla Lega di ritrovare la strada
che le
aveva permesso di essere un movimento
popolare su base territoriale e molto
sensibile alle esigenze del suo elettorato.
Non riuscendo ad avere
una linea chiara e netta ora
punta sui
sentimenti di protesta del suo elettorato,
stanco di promesse non mantenute, di riforme
non varate, di benefici promessi ma non
ottenuti.
Quindi dopo aver
sostenuto e mantenuto a galla per troppo
tempo un governo populista, aziendalista,
potenzialmente pericoloso per le sue
innumerevoli prese di posizione contrarie al
normale rapporto tra le istituzioni, ora
sente bruciare il terreno sotto i
suoi piedi,
cercando di correre ai ripari, prima che il
vento della protesta popolare
possa incidere in
maniera significativa anche sul carroccio.
L’opposizione della Lega
al governo Monti quindi deve essere
interpretata come un tentativo di
evitare uno scollamento definitivo con la
sua base elettorale, profondamente delusa e
sempre più insofferente dell’abbraccio con
Berlusconi e, in ultima analisi, come una
manovra diversiva per
recuperare quella
parte di consenso perduto in questo ultimo
periodo.