Intervista al Ministro Tria - Osservazioni di Renato Gatti

Intervista al ministro Tria: «Studiavamo una riforma fiscale rivoluzionaria»

Renato Costanzo Gatti, editorialista e giornalista della testata on line “L’ideologia socialista - Rivista teorica del socialismo” scrive alcuni interessanti considerazioni sull’intervista rilasciata dal Ministro dell’Economia e delle Finanze Giovanni Tria al Corriere della Sera ("Studiavamo una riforma fiscale rivoluzionaria") e riportata il 25 agosto. Vale la pena leggerle perché, condivisibili o meno, danno parecchi spunti di riflessione; eccole di seguito riportate.

“ Su richiesta di Sandro Fontana, scrivo i miei commenti sull'intervista del ministro Tria.

Dall’intervista fatta al ministro Tria traggo la conferma di come l’avevo fino ad oggi giudicato: un ministro capace (è grazie a lui se abbiamo evitato per due volte la procedura di infrazione) e competente, di impostazione assolutamente “non coraggiosa” (tanto che Salvini nelle sue ultime vampate di tuttologismo aveva posto l’alternativa “o io o Tria”), decisamente lontano dal pensiero socialista abbastanza realista.

Vengo ai punti che più mi hanno colpito:

1 - “era prevedibile che la spesa sulle due misure (quota 100 e reddito di cittadinanza) sarebbe stata minore del previsto”. Tria aveva sempre osservato che le nuove leggi vanno parametrato sugli “aventi diritto” e sullo sulla base di comprovati fatti, tali spese potevano essere più correttamente indicate. E’ questo il caso per i primi 7 miliardi di spesa in meno che riducono la spesa prevista, mentre gli altri 6 si ritrovano principalmente nella fatturazione elettronica (una forma efficace di lotta all’evasione dell’IVA che prelude generalmente ad una diminuzione dell’evasione anche sui redditi d’impresa) e dai minori interessi stimati e stimabili in base alla sorprendente bonaccia dello spread.

2 - “Rimangono comunque da trovare 15 miliardi in autunno (…) Ridurre la spesa corrente, tagli su deduzioni e detrazioni, anche per promuovere una riduzione fiscale in direzione della cosiddetta flat tax, altri parlano di riduzione del cuneo fiscale, simile alla riduzione della pressione fiscale sui redditi medio bassi, soprattutto da lavoro dipendente”.

La spending review non poteva mancare, così come il taglio di deduzioni e detrazioni (che significa aumentare la pressione fiscale sugli ex beneficiari di agevolazioni fiscali). Ma in sintesi mi sembra di leggere una riduzione delle aliquote sui redditi più bassi, riduzione denominata flat tax ma che invece è tutt’altra cosa, forse per giocare con l’ignoranza dei cittadini legati ai social network che come dice Tria più avanti, “ormai si formano politiche su simboli o parole d’ordine e questo produce grossi spostamenti di consenso, senza che dietro ci sia consapevolezza del merito”.

In questo aiuto al ceto medio ci leggo anche l’utilizzo i 10 miliardi degli 80 € di renziana memoria. Ma va osservato che ridurre le aliquote più basse aiuta non solo i redditi più bassi ma anche quelli di tutti gli altri redditi per i quali invece non c’è l’obiettivo di una riduzione della pressione fiscale che, al contrario, ne consegue se, nel contempo, non si rivedono al rialzo le aliquote più alte in modo da mantenere la stessa pressione fiscale precedente, e perdendo minor gettito fiscale.>

Per quel che riguarda la riduzione del cuneo fiscale sembrerebbe che Tria pensi al fatto che esso non costituisca un minor costo del lavoro per il datore di lavoro (cosa che tra l’altro disincentiverebbe la ricerca di innovazione e miglioramento della produttività) ma un corrispondente aumento dei salari e stipendi dei lavoratori dipendenti.

3 - Richiesto di indicare se dalla torre butterebbe quota 100 o il reddito di cittadinanza, il ministro premesso che non si possono sempre cambiare le norme fatte in precedenza senza sconcertare i cittadini (dimenticandosi di aver eliminato le agevolazioni 4.0 e l’ACE che successivamente è stato costretto a reintrodurre), pare preferire di gettare dalla torre quota 100. Sono d’accordo con il ministro perché credo che il reddito di cittadinanza, su altre premesse e meccanismi si avvia ad essere, in un futuro non così lontano, uno strumento chiave dell’economia robotizzata.

4 - “Il deficit non è un tabù, è uno strumento di politica economica, però è uno strumento e non un fine, conta cosa se ne vuol fare. Ha senso per aumentare gli investimenti”. Completamente d’accordo su questo atteggiamento che altro non è che l’auspicio dell’introduzione nelle politiche di bilancio europee della golden rule di Delors, ovvero del non conteggio degli investimenti nel calcolo del deficit.

5 - “aumentare gli investimenti va bene, ma già riusciamo solo con difficoltà a farne con gli stanziamenti già in bilancio”. Questo mi pare un punto importante. Gli stanziamenti per investimenti vanno a costituire debito pubblico in quanto spese impegnate anche se ancora non erogate.

Ma la difficoltà di realizzare gli investimenti già stanziati è gran parte del mancato sviluppo del nostro paese e ciò per colpa della burocrazia, dei lacci e lacciuoli che creano ritardi incredibili tra pensare un’opera e realizzarla. Significa anche che il decreto sblocca cantieri non ha ancora avuto nessun effetto o per inefficacia o per inefficienza. Forse questo è un punto, non strettamente di competenza del ministro delle finanze, che aiuterebbe molto ad aiutare i nostri conti pubblici. “

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