Commemorazione del Giorno del Ricordo
Il 10 febbraio è il Giorno del Ricordo: una ricorrenza istituita ventuno anni fa con la legge 92/2004 per "conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell'esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale”.
Una data significativa per onorare la memoria delle vittime delle foibe e dell'esodo giuliano-dalmata, due tragici eventi che hanno segnato profondamente la memoria storica del nostro Paese e rappresenta un momento di riflessione sulla sofferenza, sull'esilio e sulla perdita di un intero popolo, e un'opportunità per riflettere sulle conseguenze delle guerre e delle persecuzioni, sottolineando l’importanza della pace e della riconciliazione.
Anche il Comune di Verona ha organizzato una serie di commemorazioni in collaborazione con la Prefettura, l'Esercito e l'associazione Venezia Giulia e Dalmazia ANVGD, a cominciare da quella al Cimitero Monumentale con la deposizione di una corona al Cippo in pietra dell’Istria dedicato alle Vittime delle foibe e delle tombe abbandonate, proseguendo poi con la deposizione di una corona in piazza Martiri d’Istria e Dalmazia a Santa Lucia in 4a Circoscrizione.
A nome del Comune questa ultima cerimonia commemorativa è stata tenuta dalla Consigliere Socialista Paola Poli che nel suo intervento ha sottolineato che la memoria storica deve essere coltivata non per alimentare divisioni ma per promuovere comprensione, riconciliazione e dialogo, fondamentali per superare le ferite del passato e costruire un futuro di pace e convivenza.
Riportiamo l'intervento di Paola Poli.
Commemorazione del Giorno del Ricordo 10/2/2025
Porto i saluti istituzionali del comune di Verona, alla commemorazione della giornata del ricordo, in questa piazza dedicata ai martiri d’Istria e Dalmazia.
Il Giorno del Ricordo, istituito nel 2004, mira a conservare e rinnovare la memoria delle vittime delle foibe e dell'esodo di istriani, dalmati, giuliani. È un'occasione per diffondere la conoscenza di questi tragici eventi, promuovendo studi e dibattiti.
Non si tratta solo di ricordare, ma di capire le logiche che hanno portato a tali violenze, tenendo conto del contesto storico in cui questi eventi si sono verificati, evitando interpretazioni ideologiche e parziali.
Il confine orientale, in particolare la Venezia Giulia, l'Istria e le coste dalmate, abitato da popolazioni di origine mista con una forte componente di lingua e cultura italiana, ha sperimentato nei secoli una complessa sovrapposizione di identità.
A partire dalla metà dell'Ottocento, l'emergere del nazionalismo ha prodotto nuove tensioni che portarono ad una competizione tra le diverse identità nazionali che si è intensificata nel corso del tempo.
Questo clima di crescente intolleranza ha preparato il terreno per le tragedie del XX secolo, che si sono manifestate con tentativi di "bonifica etnica" e con la repressione delle minoranze, durante l’occupazione fascista e successivamente, dopo la fine della seconda guerra mondiale, sotto la sovranità iugoslava.
Le foibe, cavità carsiche dove furono gettati i corpi delle vittime, sono diventate simbolo delle stragi avvenute nel secondo dopoguerra, in particolare nel 1943 e nel 1945. Le vittime furono per lo più italiani, considerati "nemici del popolo" da parte dei quadri del movimento di liberazione jugoslavo. La violenza non fu solo una reazione spontanea, ma il risultato di un piano politico deliberato.
Le stragi ebbero una triplice finalità: punitiva, epurativa e intimidatoria. A ciò si aggiunse l'esodo di circa 350 mila italiani dalle loro terre, dove vivevano da generazioni.
L'esodo fu conseguenza di un clima di intimidazione, di una campagna d’odio e di rancore sociale e di una politica di annessione della Venezia Giulia al nuovo stato jugoslavo.
Per troppo tempo queste terribili vicende furono ignorate, tenute nascoste o addirittura negate per calcolo o pregiudizi ideologici.
Grazie all’incessante lavoro svolto dalle Associazioni degli esuli nel raccogliere documentazione e portare alla luce fatti, eventi, è stata ricostruita la memoria storica e coltivato un dialogo e collaborazione tra le comunità.
Oggi, in un contesto europeo diverso, la popolazione italiana ha rapporti di amicizia con la gente istriana ed è un segnale positivo che Gorizia e Nova Gorica insieme siano state designate capitali europee della cultura 2025.
La memoria deve essere coltivata, ma non per alimentare divisioni, bensì per promuovere la comprensione e la riconciliazione. Il dialogo e la ricerca della verità sono fondamentali per superare le ferite del passato e costruire un futuro di pace e convivenza.
Siamo chiamati ad un impegno costante per la difesa dei diritti umani e per la costruzione di società giuste e inclusive, perché questi diritti non sono acquisiti per sempre ed i rigurgiti negazionisti e nazionalisti, come dimostra l’oltraggio alla foiba di Basovizza, pochi giorni, fa non sono totalmente placati.
Nonostante le violenze di quegli anni, ci sono state anche esperienze di solidarietà.
Verona ha dato accoglienza a circa 800 famiglie di esuli, che hanno potuto rifarsi una vita e integrarsi pienamente della nostra comunità. Una testimonianza non lontano da questa piazza è Contrada Polese dove sono ancora presenti alcune casette che hanno ospitato gli istriani, che il Comune ha in progetto di ristrutturare per salvaguardarle.
Guardiamo al futuro con fiducia non dimenticando il passato e non rimanendo indifferenti alle violenze e ai crimini contro l’umanità che purtroppo ancora oggi accadono in molte parti del mondo.