Il
governo ha posto la
fiducia per due volte, al
Senato e alla Camera, per poter approvare il
testo della manovra economica
bis; è' stato costretto a tale forzatura non
tanto per fronteggiare le polemiche
dell'opposizione, ma soprattutto per porre
termine alle proprie lotte intestine che
hanno più volte modificato il provvedimento.
Patrimoniale si patrimoniale
no, contributo di solidarietà si e
contributo di solidarietà no, aumento
dell'IVA si e aumento dell'IVA no, aumento
dell'età pensionabile si e aumento dell'età
pensionabile no, tanto per fare alcuni
esempi del marasma delle varie ipotesi
vagliate dal governo.
Il Presidente del Consiglio
dichiarava dopo il vertice con la Lega ad
Arcore "Manovra equa, sono molto
soddisfatto" anche se per quanto riguardava
il contributo di solidarietà "Io
avevo detto che introducevo il contributo di
solidarietà con il cuore che grondava sangue
perché da sempre ho promesso che non
volevamo mettere le mani nelle tasche
degli italiani. Siamo riusciti a levarlo con
altre fonti di risparmio"
praticamente ammetteva che le mani intasca
non voleva metterle solo alle persone più
facoltose e tutti sappiamo in che termini è
stato approvato definitivamente tale
contributo.
Dal canto suo
l'opposizione ha criticato aspramente la
manovra e ha messo in essere tutte le forme
consentite di contrasto.
Parole dure sono arrivate
dal Partito Democratico, che per bocca
del suo segretario Pier Luigi Bersani e Anna
Finocchiaro hanno detto che il governo "non
ha voluto rompere il patto con gli evasori",
e dall'Idv, con Antonio Di Pietro che ha
parlato di "stralcio della giustizia".
Pesanti
critiche anche da Bankitalia, secondo
cui la manovra "rischia di frenare la
crescita". Duro anche il giudizio delle
toghe. "E' del tutto evidente
l'incostituzionalità di una disposizione con
la quale si opera una decurtazione secca del
trattamento economico solo dei dipendenti
pubblici, in violazione dei principi di
eguaglianza e di progressività del sistema
fiscale".
Ma è sul nodo delle pensioni
e sull'articolo 8 riguardante il lavoro che si è giocato e si sta ancora giocando lo
scontro più duro; nell'incontro Berlusconi-Bossi tenutosi ad Arcore il
Ministro Sacconi aveva proposto tra l'altro
l'esclusione dei periodi di laurea e
di servizio militare riscattati dal calcolo
dei 40 anni di anzianità contributiva.
Questa ipotesi è durata
l'arco di una sola giornata, in quanto i
tecnici del Ministero del Lavoro, presieduto
ricordiamo dallo stesso Tacconi, hanno
evidenziato caratteri di incostuzionalità,
ma anche per l'altissima impopolarità del
provvedimento.
Ma la stesura definitiva,
decisa dopo un vertice di maggioranza,
nella giornata di martedì 6
settembre, vede una
nuova rivoluzione del
provvedimento.
Torna l’aumento dell'Iva, che sale al 21
per cento, viene introdotto un contributo
del 3 per cento per i redditi sopra i 300
mila euro, dal 2014 ci sarà l'adeguamento
delle pensioni delle donne per il settore
privato. Limata anche la norma sul carcere
per i grandi evasori: le manette scatteranno
oltre i 3 milioni di euro evasi e se la
cifra rappresenta almeno il 30% del
fatturato.
La sola Confindustria
e soddisfatta dalle novità,
ma alcuni commenti
positivi arrivano anche dall'Unione europea,
mentre i sindacati criticano duramente i
provvedimenti soprattutto
su pensioni e Iva.
Da quanto sopra esposte
emerge l'assoluta schizofrenia del governo e
dell'intera maggioranza, incapace nel suo
interno di produrre una manovra equa e
distribuita in maniera uniforme su tutti i
cittadini e solo concentrata nel salvare le
proprie sacche di privilegi e dei propri
potenziali elettori.
Ma quanto questa peserà
nelle tasche dei cittadini non è purtroppo
difficile da immaginare: in primo
luogo l'aumento dell'IVA non significa altro
che un aumento generalizzato di tutti i beni
di consumo, alimentari, vestiario,
automobili, sanità, ecc. e nonostante il
nostro premier sostenga che la manovra non
ha aumentato le tasse, come dobbiamo
chiamare l'aumento dal 20 al 21% dell'IVA?
Viene da chiedersi infatti a
cosa serve l'aumento dell'IVA se gli sprechi
della politica non calano.
Gli italiano non
accettano questa manovra perchè sono
convinti che il risanamento del Paese debba
avvenire soprattutto attraverso una forte
riduzione delle spese della politica e con
una lotta seria all'evasione fiscale e non
con l'utilizzo di strumenti che penalizzano
le fasce più deboli della popolazione come
lavoratori, pensionati e famiglie.
L'abolizione delle Provincie
è un primo importante passo e se seguirà la
riduzione dei parlamentari e dei consiglieri
regionali (se sono come il trota a cosa
servono?), compresi i loro compensi, si
andrà verso la giusta direzione.
Un fattore però è essenziale
ma purtroppo è proprio quello che le istituzioni
politiche e i nostri governanti si scordano
più facilmente: ad ogni crisi, se
viene interpretata e gestita solo dal punto
di vista strettamente economico e non prende
invece come obiettivo l'equità sociale, ne
seguirà inevitabilmente una successiva e il divario
economico tra le varie fasce sociali
inevitabilmente tenderà ad aumentare.