Paola Poli: idee per il programma "INSIEME" |
CONTRIBUTO PROGRAMMATICO PER IL PROGRAMMA ELETTORALE DELLA LISTA "INSIEME" DI PAOLA POLI - IDEE PER LE PARI OPPORTUNITA' Il secondo contributo programmatico per il programma elettorale della lista " INSIEME " è stato proposto dalla nostra iscritta Paola Poli, Consigliera di Parità per la Provincia di Verona. " La parità tra donne e uomini costituisce un diritto fondamentale dell’Unione Europea, sancito nel trattato di Lisbona e nella Carta dei diritti fondamentali dell’UE ed è condizione necessaria per il conseguimento degli obiettivi di politica sociale di crescita, di occupazione e di coesione sociale. L’Italia, nonostante abbia prodotto nel corso degli anni una buona legislazione per quanto riguarda la parità di genere, le pari opportunità ed il contrasto alle discriminazioni si trova ancora ad occupare un basso livello nella classificazione del Gender Equality (organo autonomo dell’UE istituito per promuovere l’uguaglianza di genere e combattere le discriminazioni). È indubbio che è aumentata la scolarizzazione femminile, e che molte donne hanno raggiunto i più alti livelli d’istruzione, anche in ambiti tecnici e scientifici, considerati a vocazione maschile. Le donne sono più partecipi al mercato del lavoro e hanno assunto ruoli importanti nella vita pubblica; tuttavia le diseguaglianze permangono e si sono acuite a causa della crisi economica e per effetto di una globalizzazione selvaggia che puntando solo al profitto, disumanizza il lavoro, tende ad escludere coloro che non si fanno schiavizzare e tutelano i propri diritti. La difficoltà e l’incertezza che le donne trovano nell’accedere al lavoro e nel mantenerlo lavoro anche dopo la maternità si riflette a livello sociale, con conseguenze devastanti. E’ uno dei motivi per cui le donne fanno sempre meno figli, il numero medio dei figli per donna è 1,35, il dato è in continuo calo; 1,27 per le italiane (1,34 nel 2010) e 1,94 per le straniere (2,43 nel 2010). In Italia è previsto un progressivo peggioramento negli anni futuri dovuto all’invecchiamento della popolazione, cui contribuisce l’allungamento della vita media, e un tasso di fecondità che registra livelli minimi nel confronto con i principali paesi industriali. La Francia è l’unico Paese al mondo ad avere un tasso di fecondità costante da oltre quattro decenni. Crisi o non crisi, a partire dal 1973 le donne francesi mettono al mondo, in media, due figli. E la spiegazione è semplice. Il governo di Parigi investe nel sostegno alla maternità il 5 per cento del prodotto nazionale lordo. È stato calcolato che un nucleo familiare del ceto medio con un neonato e un figlio all’asilo nido può incassare in un anno qualcosa come 7.000 euro di contributi e sovvenzioni. L’Italia è invece il fanalino di coda in Europa nella spesa per la protezione sociale: 1,4 per cento del Pil, contro una media Ue del 2,3. Data l’allarmante situazione demografica del nostro paese, dove il tasso di natalità non riuscirà a garantire il ricambio generazionale, mentre l'aspettativa di vita media continuerà ad aumentare, è indispensabile e non più procrastinabile adottare politiche di sostegno economico e sociale alla maternità, promuovere azioni innovative e di cambiamento nel mondo del lavoro, affinché la maternità non sia più percepita dalle aziende come un ostacolo, ma al contrario, una opportunità di crescita che valorizza le competenze genitoriali. • Diffondere una cultura di parità, iniziando dalla scuola, che è il primo agente di formazione e socializzazione, tendente ad eliminare gli stereotipi di genere che sono ancora molto presenti nella nostra società ed influenzano le scelte scolastiche, formative, professionali delle donne. • Promuovere una cultura di maggiore condivisione dei ruoli e dei compiti di cura dei figli. La condivisione paritaria delle responsabilità genitoriali e familiari è considerato il presupposto irrinunciabile per la crescita dell'occupazione femminile. Purtroppo, nonostante la crescente partecipazione al mercato del lavoro, le donne continuano ad assumersi l’onere del lavoro domestico e di cura, non retribuito. • Il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione che definisce l’equilibrio tra vita professionale e privata un diritto. Le politiche di conciliazione, per essere efficaci, devono essere un mix di elementi diversi e devono coprire le esigenze delle famiglie lungo il ciclo di vita, dalla nascita dei figli all’assistenza ai genitori anziani. Devono fornire servizi di cura e di supporto per bambini, anziani e persone con disabilità, con un’attenzione sia all’accessibilità dei servizi sia alla loro qualità e alla loro sostenibilità economica. In Italia è molto carente, anche da parte imprenditoriale, la consapevolezza che le strategie di conciliazione producono vantaggi in termini di benessere lavorativo, maggior produttività per le aziende, diminuzione dell’assenteismo, aumento dell’occupazione femminile, miglior qualità della vita individuale e collettiva. • Il basso livello di partecipazione delle donne ai processi decisionali e alla governance è fortemente imputabile alla difficoltà di conciliare vita lavorativa e vita familiare, alla ripartizione disuguale delle responsabilità familiari, e al persistere di discriminazioni nel lavoro e nella formazione professionale • Bisogna attuare politiche efficaci e strategie articolate al fine di conseguire la parità nella partecipazione al processo decisionale politico e alla leadership a tutti i livelli, attraverso l’individuazione di obiettivi chiari, quantificabili, misurabili, monitorati, seguiti da azioni correttive obbligatorie nel caso non fossero raggiunti. • Eliminare la disparità di retribuzione tra donne e uomini che rappresenta una vergognosa discriminazione. La presenza del gap salariale è dovuto in gran parte ad una diversa distribuzione nelle posizioni professionali tra i generi, ad un diverso livello di formazione, ad una segregazione occupazione orizzontale e verticale, ad una diversa quantità di lavoro prestata, ma spesso esiste a parità di livello e per le stesse prestazioni e dipende dai fattori di valutazione che sono di per sé discriminanti, come il fattore tempo. In Islanda è stata varata una legge che vieta la discriminazione salariale di genere • Implementare la partecipazione delle donne nel mondo del lavoro significa anche permettere loro una indipendenza economica, necessaria per contrastare la violenza economica che gioca un ruolo fondamentale nel mantenimento di relazioni violente. Senza risorse finanziarie, e spesso isolata dal contesto lavorativo e sociale, la donna non può permettersi di denunciare e lasciare il compagno, nonostante gli abusi.
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