All’empasse politico istituzionale scaturito dai risultati delle votazioni politiche del 24 e 25 febbraio, dovuto
essenzialmente al non brillante
risultato della coalizione di
centrosinistra guidata da Bersani quasi
raggiunta dalla destra di Berlusconi e
all’affermarsi oltre ogni previsione del
Movimento 5 Stelle di Grillo, deve
essere data una risposta certamente
non semplice da trovare.
In primo luogo va analizzato
attentamente il fenomeno Beppe Grillo e
il successo del suo movimento;
quest’uomo di spettacolo prestato alla
politica, microfono alla mano e urlando
sui palchi di mezza Italia, è stato in
grado di trascinare la gente,
galvanizzando
il sentimento di protesta presente nella
società, con l’obiettivo esplicito di
spazzare via tutta la classe politica
vista come casta parassitaria che vive
sulle spalle della gente comune.
In effetti la forza del movimento di
Grillo, in quanto
capace di muovere grandi folle,
sta nelle piazze, porta
entusiasmo, voglia di partecipazione e
un po’ di utopia; difficilmente però in
Parlamento gli eletti nel Movimento 5
Stelle potranno essere altrettanto
efficaci, in quanto il loro leader ad
essi non ha ancora dato degli obiettivi
chiari e delle precise priorità e la
mancanza sia di linee guida che di
orientanti comuni ha prodotto, come
ampiamente dimostrato in questi ultimi
giorni, ad
un dibatto interno molto frammentato,
discordante e contradditorio.
Ma l’esito del voto impone anche a tutto
il centrosinistra un esame ed una
autocritica per una mancata vittoria che
si dava ormai per scontata
e una
sconfitta più politica che sui numeri.
Un ripensamento che deve partire da una
rielaborazione delle strategie politiche
di tutte le forze che fanno parte di
Italia Bene Comune (PSI, SeL e Centro
Democratico) per arrivare a nuove
modalità di approccio nei confronti dei
cittadini e l’utilizzo di nuove
metodologie per la promozione della
piattaforma politica, nel tentativo di
rappresentare effettivamente
tutte le istanze dell’elettorato di
centrosinistra.
Ma certamente sarebbe un grave errore
politico cercare di imitare i grillini
perché, come sostiene Renzi, il
Movimento 5 Stelle non va inseguito
bensì sfidato, utilizzando proposte e
iniziative concrete facenti parte anche
della loro piattaforma programmatica e
sulle quali misurarli nel concreto.
Il Movimento 5 Stelle non va certamente
nemmeno demonizzato, come più di qualche
esponente del centrosinistra ha fatto
recentemente; paragonare Grillo ad un
istrione o a un dittatore come Hitler o
Mussolini o usare sue frasi “colorite” per
dargli del populista e irresponsabile, anche
se condivisibile, oltre che apparire sotto certi
aspetti banale e ridicolo, non giova
certamente ad uscire da questo momento
delicato.
Ma questo empasse presenta tratti
preoccupanti, perché quello che appare come
uno stallo di potere potrebbe stimolare le
speculazioni contro la nostra economia.
Eppure le potenzialità per uscirne da questa
fase critica ci sono e, scartata l’ipotesi
di un governissimo PD-PdL
che avrebbe portato alla lunga ad una
paralisi per gli interessi contrapposti dei
due schieramenti, si possono intravvedere in
uno scenario che vede un governo di
minoranza di centrosinistra, appoggiato
dall’esterno dal Movimento 5 Stelle.
Una situazione del genere potrebbe alla fine
permettere la creazione di un
programma minimo che attui riforme
innovative e condivise; altre formule di
governo sembrano improbabili in quanto
Grillo non vuole entrare in una coalizione
vincolante e Bersani non ha intenzione di
allearsi con Berlusconi, mentre il fronte
centrista praticamente è uscito di scena.
In queste condizioni e con queste premesse
il nuovo governo dovrebbe limitarsi a poche
ma inderogabili e condivise proposte di
legge;
fissare queste priorità è compito
delle forze politiche della coalizione di
“Italia bene comune” nell’ottica di
salvaguardare gli interessi delle fasce più esposte
della popolazione.
E
il nostro segretario Nencini questi punti
salienti li ha già elencati agli altri
esponenti della coalizione; sono sedici i
punti che i socialisti individuano come
prioritari nell'azione di governo fin dalle
prime fasi di attività del nuovo esecutivo.
Tra i principali, per quanto riguarda il
tema della riforma delle istituzioni
ricordiamo, la diminuzione del numero di
parlamentari, il diverso ruolo da assegnare
alle due Camere, il voto ai sedicenni,
l'adeguamento alla media europea delle
indennità dei parlamentari, l'eliminazione
dei benefit per gli eletti nelle regioni e
la riduzione delle loro indennità al livello
più basso, una normativa sulle lobbies e sul
conflitto di interessi, la regolamentazione
del finanziamento pubblico da elargire solo
ai partiti in regola con l'articolo 49 della
Costituzione, una riforma delle istituzioni
locali e regionali.
Un’Italia in cui sono state
abolite le leggi ad personam, dove i
costi della politica sono stati
tagliati, dove viene messo al primo posto il
lavoro, dove c’è una vera legge sul
conflitto d’interessi, dove vengono
riconosciuti i diritti civili, dove alle
piccole e medie imprese vengono saldati i
crediti dovuti dallo Stato, dove c’è una vera legge
anti-corruzione, dove
la scuola pubblica riceve i giusti
finanziamenti e dove chi ha corrotto
parlamentari e giudici non può più
presentarsi alle elezioni, è un’Italia che
tutti desiderano e a cui la nostra
coalizione deve ispirarsi, perché nel caso
contrario gli italiani non se lo
dimenticherebbero di certo.
Può essere utile leggere: